La voglia di uscire, di tornare alla vita di tutti i giorni, idealmente riguarda tutti noi. O quasi: fra dire una cosa e metterla in pratica, le cose cambiano.
Ed ora che stiamo vivendo la fine della pandemia, esiste una categoria di persone, che invece ha paura di lasciare la propria casa per andare all’esterno. Questo perché la casa non è solo dimora, bensì un rifugio: l’unico luogo dove potersi sentire al sicuro.
Non tutti infatti, amano la vita sociale o hanno sofferto così tanto nel rimanere fra le quattro mura, abituandosi velocemente alla condizione di “cattività”.
Per queste persone paura e frustrazione ed il senso di non controllo sull’ambiente circostante per quel nemico invisibile che è il Coronavirus, hanno portato a sviluppare una sindrome.
Oltre un milione di persone in Italia, soffre la sindrome della capanna o del prigioniero: queste le stime secondo la Sip, ovvero la Società Italiana di Psichiatria.
Una sindrome molto popolare negli Stati Uniti, dove in alcune aree, le persone possono restare mesi in casa, a causa degli inverni rigidi.
Cosa è la sindrome della capanna? La sindrome delle lunghe degenze
I lungo-degenti degli ospedali, ma anche gli ospiti delle comunità, conoscono la sindrome della capanna. Tuttavia, oggi questa condizione potrebbe interessare molte categorie di persone, anche quelle solitamente in equilibrio e senza particolari problematiche.
Ad esempio, i contagiati Covid-19 costretti alla quarantena, o chi ha subito dei lutti.
Non sempre è possibile identificare le cause di questa particolare sindrome, anche perché non tutto passa attraverso la nostra consapevolezza o coscienza: molto riguarda meccanismi inconsci.
Cosa è la sindrome della capanna? I segnali a cui prestare importanza
Il Ministero della Salute offre un numero verde di supporto psicologico. All’inaugurazione – durante il primo lockdown – nel giro di una settimana, ha ricevuto più di 30 mila telefonate.
Le persone hanno riportano i disturbi più vari: insonnia, rabbia, tensione ed irascibilità. Stati d’animo che continuano a perdurare anche tuttora.
La difficoltà di riprendere il contatto con l’esterno
La sindrome della capanna è una situazione allarmante, di cui ha parlato anche l’OMS nella persona di Tedros Adhanom Ghebreyesus.
Infatti, patologie come ansia, paura, disturbi del sonno e dell’umore, fino a disturbi alimentari e dipendenze, stanno vivendo un pericoloso picco iniziato da metà 2020 e tuttora perdurante.
Le motivazioni sottostanti sono molteplici: dal rischio di ammalarsi, a quello di contagiare le persone a cui vogliamo bene. Genitori, nonni, figli, amici.
Un’altra condizione spiazzante, è stata quella di uscire per trovare un mondo che non ci è più familiare.
Mascherine, barriere di plexiglass, distanziamento sociale. E ancora file e ingressi scaglionati. Nuove regole che ci fanno capire che similmente al dopo 11 settembre 2001, niente sarà più come prima.
Cosa è la sindrome della capanna? Mettere in discussione la propria vita
La verità è che molti, prima del lockdown non erano appagati dalle proprie vite. Relazioni che in questa chiusura forzata si sono rotte, altre che si sono rafforzate. Anche tra genitori e figli, si rende necessario un riequilibrio.
Il ruolo della resilienza
Se gli ipocondriaci si sono sentiti a proprio agio con la chiusura, i soggetti più a rischio sono quelli con minore capacità di adattamento. La sindrome della capanna, colpisce facilmente persone che già soffrono di problematiche quali, ansia, fobie o consistenti problemi psichiatrici.
In generale, anche persone con caratteristiche equilibrate di personalità e nessun problema psicologico precedente, dovranno comunque fronteggiare l’inedito e l’ignoto.
Problemi economici, differenti routine di vita ed anche questo richiede un atteggiamento resiliente ed una certa flessibilità per uscirne vincenti.
Abbandonare, il nido, la capanna significherà passare da una condizione claustrofobica ad una condizione agorafobica.
Il risultato dipenderà dalla capacità di far fronte in maniera positiva alla nuova normalità, ovvero dalla resilienza.
Al rischio della sindrome della capanna, siamo esposti tutti, compresi coloro che non hanno mai avuto questo tipo di problemi.
Il consiglio è di cominciare con un atteggiamento step by step, senza forzature.
Praticate hobby, rispolverate passioni. Concedetevi tutte le attività che amate e che vi regalano benessere. Coltivate la resilienza.
E se non sapete come fare, prendete in considerazione la lettura del nostro eBook. E’ un modo per allenarvi al benessere e migliorare la qualità della vostra vita.
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