Donne lavoratrici single in Giappone.
Donne lavoratrici single in Giappone: una condizione critica
In un paese sviluppato come il Giappone, le donne sono considerate a tutti gli effetti parte integrante dell’economia. Tuttavia, come spesso succede anche in Occidente, anche nel Paese del Sol Levante, l’aumento di donne lavoratrici single è associabile al continuo calo del tasso di natalità nel paese.
In questo articolo risponderemo ad una delle curiosità più diffuse quando si parla di donne lavoratrici single. Ovvero quale sia la condizione reale che vivono milioni di donne giapponesi, fra carriera, matrimonio e figli.
Ciò, anche perché fra i nostri lettori e le nostre lettrici, ci sono persone che sognano di vivere e lavorare in Giappone.
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Iniziamo con il dire che esistono nel Paese diverse politiche in grado di inibire il tasso di natalità.
Come mancanza di asili nido adeguati; un sistema di congedo di maternità e paternità lacunoso e la forte presenza nel contesto sociale di norme patriarcali radicate. Approfondiamo questi aspetti singolarmente.
Donne lavoratrici single in Giappone: l’asilo nido
L’asilo nido in Giappone è ben lungi dall’essere gratuito. Includendo i congedi di maternità e di assistenza all’infanzia, la spesa pubblica giapponese rappresentava solo l’1,65% del PIL della nazione nell’anno fiscale 2018.
Alcune delle sue controparti europee hanno budget molto più elevato per l’assistenza all’infanzia: la Svezia al 3,42% (quasi il doppio del budget del Giappone), e la Gran Bretagna al 3,19% nello stesso anno.
Se ti stai chiedendo dove si trova l’Italia in questa classifica, purtroppo è messa ancora peggio del Giappone, con 1,1% del PIL (2019).
Tuttavia, il governo giapponese si è impegnato a raddoppiare il budget all’inizio del 2022, dato il continuo peggioramento dei tassi di fertilità, così come del progressivo invecchiamento della popolazione.
Attualmente, gli asili nido giapponesi sono fortemente a corto di personale per assenza di fondi. E hanno liste d’attesa enormi con il problema di dover pagare tariffe esorbitanti, sebbene per un servizio di alta qualità.
In più, gli asili nido sono aperti solo dalle 7:00 alle 18:00 in Giappone, ma i lavoratori solitamente finiscono molto più tardi e rendono inutili queste strutture.
Insomma, tempistica, qualità, spese e accessibilità, impediscono alle donne giapponesi di avere figli perché senza strutture adeguate diventa difficile mantenere un lavoro a tempo pieno.
Il congedo di maternità e paternità
Per quanto riguarda il congedo per madri e padri, questo include una somma forfettaria di JPY 420.000 dopo il parto (circa 2900 euro).
Sembra un ottimo Bonus e incentivo, ma non molti uomini e donne in Giappone ne sono convinti. Con questa somma, difficilmente si possono coprire costi per allevare i figli in Giappone, se pensiamo alle scuole, le attività extra-scolastiche o gli asili nido.
Inoltre, molte donne tendono a lasciare l’impiego dopo il parto, per dedicarsi all’educazione dei figli. Poiché la spietata cultura lavorativa del Giappone è incompatibile con la flessibilità necessaria ad una neo-mamma con bambino piccolo a casa.
Infine, secondo un rapporto pubblicato dall’UNICEF nel 2019, i padri giapponesi avrebbero a disposizione un congedo di paternità per 30,4 mesi.
Ma sarebbero davvero pochissimi ad utilizzarlo, a causa delle norme radicate nella società nipponica che vedono il congedo per paternità, ancora come qualcosa di non normale.
Norme patriarcali
In Giappone, storicamente spetta alla donna dedicarsi ad attività educative e facilitare lo sviluppo del bambino. Ed al contempo, ci si aspetta che il padre non si occupi direttamente dell’educazione dei figli.
In una narrazione sociale del genere, è facile dipingere le madri giapponesi che lavorano a tempo pieno come non buone, negligenti o addirittura indifferenti. Questa narrazione può essere interiorizzata da molte madri che soffrono nel tentativo di dover aderire alle aspettative che la società ha nei loro confronti, generando malessere e ansia.
Dall’altro lato, i padri giapponesi sempre per lo stesso motivo (non sarebbero loro i principali responsabili dell’educazione dei figli) tenderebbero ad astenersi dall’utilizzare il loro congedo di paternità e non solo.
Potrebbero persino subire contraccolpi negativi sul lavoro proprio per aver utilizzato il congedo di paternità. Insomma, se in Giappone la madre si occupa della casa, ci si aspetta che il padre badi alle finanze.
Donne lavoratrici single in Giappone: detrazioni fiscali per il coniuge
Certo, le norme patriarcali persistono in diversi paesi sviluppati. Ma le leggi giapponesi sembrano averle istituzionalizzate e cementate nella struttura sociale.
Infatti, per esempio le donne sono incentivate a non scegliere lavori a tempo pieno. Ciò, poiché una famiglia con un reddito totale non superiore ad una certa soglia, riceve detrazioni fiscali dal governo.
Inoltre, i premi per i coniugi a carico sono esentati se non superano la soglia di 1,3 milioni di yen. E le detrazioni sono disponibili per gli individui (comunemente i mariti) se i coniugi non guadagnano oltre una certa soglia.
Ovviamente, questo incoraggia implicitamente le donne a optare per un tempo parziale e per una retribuzione inferiore, in modo che la loro famiglia possa godere di detrazioni fiscali.
Infatti, nel caso in cui la donna lavori a tempo pieno, la famiglia non riceverà alcuna detrazione anche se ha figli, perché il reddito familiare complessivo sarà superiore.
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Il futuro delle donne lavoratrici single in Giappone
Insomma, la questione lavorativa femminile in Giappone è tutt’altro che rosea. Lo avevamo già scoperto con Aggretsuko, una produzione anime Netflix che consigliamo a tutti di vedere.
Questo perché offre uno spaccato efficace e realistico sulla condizione lavorativa delle giovani donne single giapponesi.



Marzia e Aggretsuko a Tokyo
Le politiche e le leggi di cui abbiamo parlato, impediscono fortemente alle donne che lavorano di avere figli e spesso di sposarsi.
I bassi tassi di fertilità in Giappone sono guidati da una rigida cultura del lavoro che spesso è posto prima di tutto il resto. Ma anche dalla mancanza di incentivi finanziari adeguati; da asili nido spesso proibitivi per costi e dalle politiche fiscali che “costringono” implicitamente le donne a lavorare part time.



Coppia giapponese intenta nel far “benedire” il loro piccolo dai ciliegi in fiore.
Infine, le norme patriarcali sono profondamente radicate nella società giapponese. E c’è molto lavoro da fare per combattere lo svantaggio innegabile che le donne con figli hanno nel mercato dei posti di lavoro. Ciò, anche se è stato fatto qualche passo in avanti per le politiche a favore dei genitori.
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