Irezumi: storia dell’arte del tatuaggio odiato in Giappone e amato nel mondo

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Irezumi storia del tatuaggio in Giappone.

Irezumi: storia dell’arte del tatuaggio odiato in Giappone e amato nel mondo

Avete presente i bellissimi tatuaggi giapponesi?

Molti di voi ci hanno chiesto come sono visti i tatuaggi in Giappone, ma soprattutto: è vero che i giapponesi hanno una percezione negativa delle tanto popolari decorazioni sul corpo?

In Giappone abbiamo avuto una percezione strana. I tatuaggi, più che essere malvisti, hanno attorno una sorta di tabù.

Oggi, cerchiamo finalmente di spiegarvi la verità e vi raccontiamo l’arte di Irezumi.

Irezumi storia del tatuaggio in Giappone

I giapponesi si fanno tatuaggi?

Che voi siate amanti dei tattoo o meno, se ne avete mai visti, non potete di certo negare la loro particolarità e bellezza.

Tuttavia, coloro che conoscono un minimo la cultura del paese del Sol Levante, sanno perfettamente quanto i tatuaggi in Giappone non siano amati in patria, ma riconducibili solitamente all’appartenenza alla Yakuza (la mafia giapponese).

Ma come mai?

In questo articolo vi parliamo di Irezumi: storia dell’arte del tatuaggio odiato in Giappone e amato nel mondo.

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L’arte del tatuaggio giapponese

L’arte del tatuaggio giapponese è un’espressione artistica paragonabile per tradizione, tecnica ed estetica, ad altre forme d’arte.

Inclusa la stampa ukiyo-e (stampa artistica su legno del periodo Edo).

Tuttavia, l’apprezzamento provato dal resto del mondo per quest’arte, è in contrasto con il modo in cui il tatuaggio è percepito in Giappone.

Qui molte persone lo associano ai gangster e a chi li porta.

Per questo motivo, a chi porta tatuaggi, può essere negato l’ingresso a piscine e bagni pubblici (onsen).

Negli ultimi decenni, nonostante i tatuaggi fra i membri della Yakuza non siano più così di moda, il divario di percezione degli irezumi all’estero e in patria, resta molto forte.

irezumi

Irezumi tradizionale. Credit: Depositphotos.com

Perché in Giappone i tatuaggi sono visti in modo negativo?

Ebbene sì, i tatuaggi sono malvisti in Giappone, ma non era così in passato, anzi!

Questo stigma risale ad almeno 150 anni fa, momento in cui gli stranieri cominciarono ad interessarsi ai tatuaggi giapponesi. 

Da allora, gli artisti del tattoo giapponese, hanno fatto davvero la differenza con i colleghi stranieri e viceversa.

Si può dire che l’influenza degli artisti internazionali, abbia aiutato a salvare e preservare l’arte del tatuaggio giapponese, da una possibile estinzione.

tatuaggi yakuza

Irezumi storia del tatuaggio in Giappone nel periodo Edo: la popolarità del tatuaggio

Durante il periodo Edo (1603-1867), il tatuaggio divenne davvero popolare in Giappone.

Per esempio, i minatori di Kyushu usavano farsi  tatuaggi di draghi come talismani per proteggersi dai pericoli del loro lavoro.

Invece in Hokkaido, invece le donne Ainu si tatuavano il viso per proteggersi dagli spiriti maligni.

Ad Okinawa si usava invece tatuarsi le mani in segno di bellezza e maturità.

A Edo (l’attuale Tokyo) è nata l’usanza dei tatuaggi estesi a tutto il corpo. 

Categorie come messaggeri, giocatori d’azzardo, ma anche vigili del fuoco, si tatuavano abitualmente ed i disegni spesso si basavano su stampe xilografiche ukiyo-e.

Siccome i due mestieri erano strettamente interconnessi, sia gli intagliatori di legno che i tatuatori, presero il titolo di hori che significa “intagliare”.

 un tipo di tatuaggio della Yakuza diventato virale

Nel 1850, l’arrivo degli stranieri in Giappone cambiò la percezione del tatuaggio nel paese

Per più di 200 anni il Giappone ha mantenuto chiusi i suoi confini agli stranieri.

Questi visitatori internazionali – non proprio graditi – chiedevano al Giappone di aprirsi al commercio.

Nel timore che questo processo innescasse una colonizzazione totale (come era successo altrove), il governo Meiji spinse i cittadini a indossare abiti occidentali per omologarsi.

Inoltre, proibì le acconciature da samurai e nel 1872, arrivò a proibire i tatuaggi.

Si temeva che sarebbero stati percepiti dall’Occidente come un’usanza barbara.

In realtà, gli stranieri percepivano i loro tatuaggi come uno degli aspetti più attraenti della cultura giapponese.

Quando attorno al 1950, i marinai stranieri arrivarono in Giappone, restarono talmente colpiti dagli irezumi che molti ne volevano uno come ricordo del loro viaggio.

Il governo Meiji, in modo accomodante (anche se con poca convinzione), consentì ai tatuatori giapponesi di prestare la loro opera sugli stranieri.

Furono così aperti negozi nelle aree riservate ai non giapponesi, come Yokohama, Nagasaki e Kobe.

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Anche gli aristocratici occidentali si fecero tatuaggi in Giappone

Nel 1869, il principe Alfredo – uno dei figli della regina Vittoria – fu il primo di molti membri della famiglia reale britannica a farsi un tatuaggio in Giappone.

Un decennio dopo, anche il futuro Giorgio V, si fece tatuare due draghi (blu e rossi) sul braccio: uno a Tokyo, l’altro a Kyoto.

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Non ci crederete, ma anche l’arciduca austriaco Francesco Ferdinando – il cui assassinio nel 1914 scatenò la prima guerra mondiale – si fece fare tatuaggi in Giappone.

Il nuovo inasprimento delle regole sui tatuaggi in Giappone nella Seconda Guerra Mondiale

Successivamente, questi divieti furono nuovamente inaspriti perché i giovani giapponesi iniziarono a farsi irezumi soltanto per eludere la coscrizione militare.

Inoltre, le persone con tatuaggi erano percepite dalle istituzioni giapponesi come anticonformiste e portatori di guai alle forze armate.

irezumi spalle

Irezumi tradizionale schiena. Credit: Depositphotos.com

Irezumi storia del tatuaggio in Giappone: la revoca del divieto del tatuaggio 

Anni dopo la fine della guerra, nel 1948, il divieto della pratica dei tatuaggi in Giappone fu revocato nuovamente.

Dopo più di di 70 anni, gli artisti giapponesi tornarono a fare tatuaggi, senza timore di persecuzione.

In seguito, numerosi scambi tra tatuatori giapponesi e statunitensi, hanno portato ad una evoluzione della pratica che deriva da una fusione fra Oriente e Occidente.

Anche per questo, la cultura e la pratica degli irezumi è rimasta preservata fino a noi.

firma marzia parmigiani

Fonte: (1988) Sandi Fellman; D. M. Thomas; The Japanese Tattoo

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