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Paura e Coronavirus: la distorsione del pensiero
Nelle ultime ore, in Italia e non solo, la paura del Coronavirus è stata rafforzata da diversi casi (16 per l’esattezza, fra cui una donna incinta) accertati in Lombardia e Veneto. Considerati i 3 casi a Roma, con il totale di 19 casi, l’Italia è la nazione europea con più contagiati. La notizia del decesso del 78 enne della provincia di Padova, Adriano Trevisan, ha colpito nel cuore il nostro Paese. Si tratta della prima vittima ufficiale in Italia. Ovunque è difficile trovare mascherine protettive perché le persone ne hanno fatto incetta, gente che fa scorta di ogni tipo di disinfettante. Eppure ciò che sta succedendo in queste ore, è soltanto la conseguenza delle settimane di psicosi. Ma è davvero necessario tutto questo allarmismo? E soprattutto: è davvero così facile prendere il Coronavirus? In questo articolo vi parliamo della paura, emozione umana fondamentale e come si lega a questi casi di contagio.
Iniziamo col dire che quando si tratta di prendere decisioni che comportano rischi, noi umani possiamo essere irrazionali in modo abbastanza regolare.
Un esperimento eloquente
I professori Tversky e Kahneman in un recente esperimento, hanno chiesto alla gente di immaginare che gli Stati Uniti si stessero preparando ad una malattia asiatica che avrebbe dovuto uccidere 600 cittadini.
Per combattere la malattia, le persone potevano scegliere tra due opzioni. Si poteva optare per un trattamento che avrebbe assicurato il salvataggio di 200 persone; o per un altro con la probabilità del 33% di salvare tutti i 600 individui, ma una probabilità del 67% di non salvarne nessuno. Qui è emerso che il 72% delle persone sceglievano la prima opzione.
In seguito, i professori Tversky e Kahneman hanno formulato la questione in modo diverso. La prima opzione assicurava che solo 400 persone sarebbero morte, la seconda opzione offriva una probabilità del 33% che nessuno sarebbe morto ed una probabilità del 67% che tutti i 600 sarebbero morti. In questo caso, le preferenze delle persone, si sono invertite. Il 78% ora preferiva la seconda opzione.
Questo è irrazionale perché le due domande non differiscono matematicamente.
Le perdite incombono più dei guadagni
In entrambi i casi, scegliere la prima opzione significa accettare la certezza che vivano 200 persone, e scegliere la seconda, significa abbracciare 1/3 di possibilità che tutti possano essere salvati ed una probabilità di 2/3, che tutti possano morire.
Eppure nelle nostre menti, le perdite incombono più dei guadagni, e quindi quando le opzioni sono inquadrate in termini di morti piuttosto che cure, accetteremo più rischi, per cercare di evitare le morti.
Come la paura distorce i pensieri
Il nostro processo decisionale è abbastanza variabile, quando la malattia è ipotetica. Tuttavia, quando la malattia è reale, (i tassi di mortalità effettivi del Coronavirus aumentano quotidianamente), entra in gioco un altro fattore oltre alla nostra sensibilità alle perdite: la paura.
Il ruolo delle emozioni
Le emozioni esistono per una ragione, ovvero per aiutarci a decidere cosa fare.
Riflettono le previsioni della nostra mente per ciò che è probabile che accada nel mondo e quindi rappresentano un modo efficiente per prepararci a questo.
Ma quando le emozioni che proviamo non sono correttamente calibrate per la minaccia, o quando stiamo esprimendo giudizi in settori in cui abbiamo poca conoscenza o informazioni pertinenti, i nostri sentimenti diventano più propensi a sviarci: la paura funziona in modo simile. Ne deriva che le nostre emozioni possono influenzare le nostre decisioni in modi che non riflettono accuratamente i pericoli che ci circondano.
Il caso Italia
In Italia, dagli iniziali tre casi, in queste ore c’è stata la notizia dei ben 16 casi confermati fra Lombardia e Veneto, che con i 3 casi di Roma porta il nostro paese ad essere quello che in Europa ha più casi. E se la coppia cinese che per molto tempo è stata ricoverata in terapia intensiva, ha avuto un netto miglioramento nonostante l’età avanzata, è di queste ore la notizia della morte di Adriano Trevisan 78 enne padovano: la prima vittima in Italia.
In tutta Italia, c’è stata una corsa alle mascherine (la maggior parte delle quali non aiuta contro il virus contro il quale dovrebbero essere utilizzate le tipologie ffp2 e ffp3). Come tutti saprete, si sono verificate sia una progressiva esitazione a recarsi in luoghi affollati e persino il dilagare di episodi di razzismo, dati dal crescente sospetto che qualsiasi asiatico potesse essere portatore di virus.
Ovviamente pensiamo che le politiche di quarantena e di monitoraggio, possano avere un grande senso quando la minaccia è reale e le politiche si basano su dati precisi.
Per esempio, l’influenza stagionale, raggiunge livelli di mortalità più elevati, rispetto al Coronavirus.



Il pregiudizio indotto dalle emozioni
Purtroppo il pregiudizio indotto dalle emozioni, fa si che quando le persone considerano un problema, ma non hanno a portata di mano i fatti rilevanti per prendere una decisione informata, ci sono più opportunità che tale pregiudizio aumenti.
Un mix di emozione non calibrata e conoscenza limitata, è la situazione esatta in cui molte persone si trovano ora rispetto al Coronavirus. Questo può mettere in moto una spirale di peggioramento del comportamento irrazionale.
Poiché le notizie dell’incremento della diffusione del virus in Cina ed in Europa, alimentano le nostre paure, siamo non solo più preoccupati del necessario, ma anche più suscettibili di abbracciare affermazioni false e atteggiamenti potenzialmente problematici. Non è raro incontrare ostilità o paura nei confronti del prossimo. Affermazioni e atteggiamenti che a loro volta rafforzano la nostra paura e amplificano il ciclo.


Come risolvere il problema?
Ancora una volta, la soluzione non è cercare di riflettere più attentamente sulla situazione. La maggior parte delle persone non possiede le conoscenze mediche per sapere come e quando affrontare al meglio le epidemie virali e, di conseguenza, le loro emozioni dominano indebitamente.
Piuttosto, la soluzione è fidarsi dei dati scientifici, anche se spesso, la paura svuota di autorevolezza e validità, anche ciò che proviene dai professionisti e dai ricercatori del settore.
Marzia parmigiani
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