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Perché i cartoni giapponesi non hanno gli occhi a mandorla?
Perché i cartoni giapponesi non hanno gli occhi a mandorla?
Gli anime e i manga giapponesi sono stati e rappresentano tuttora una parte significativa della cultura pop globale. Attorno a questi fenomeni, ruotano diverse domande e curiosità. Per esempio molti si chiedono perché i personaggi dei manga non sono giapponesi; o perché i personaggi degli anime sono occidentali.
In molti si domandano perché i protagonisti degli anime non hanno occhi a mandorla come i comuni giapponesi nella realtà
Tutte queste domande, in particolare, perché i cartoni giapponesi non hanno gli occhi a mandorla, partono da un pregiudizio di fondo. Siccome i personaggi di manga e anime giapponesi, non sembrano orientali, devono per forza essere ispirati all’etnia caucasica e quindi occidentale, anche perché “spesso hanno capelli biondi o rossi, e occhi azzurri, verdi, viola poco diffusi in Giappone”.
A parte che nel Paese del Sol Levante esistono effettivamente persone con i capelli e gli occhi chiari e la capigliatura non è universalmente liscia; è vero anche che molti personaggi sono rappresentati con capelli verdi, blu e di altri colori improbabili.
Quindi piuttosto che essere ispirati dai tratti occidentali, è abbastanza plausibile che siano semplicemente frutto di creazioni fantastiche.
Ma non è tutto: le persone sono costantemente incuriosite dal fatto che gli occhi dei personaggi anime e manga giapponesi siano tondi e grandi, effettivamente molto diversi dagli abitanti del Giappone. Ma è davvero perché si ispirano ai tratti occidentali? Infatti in tanti si chiedono: perché i protagonisti dei cartoni giapponesi hanno gli occhi tondi?
In questo articolo, cercheremo di rispondere ai quesiti menzionati, e ne siamo sicure, le risposte vi sorprenderanno!
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Disegno originale dell’artista Kyuutake Iruma
Perché i cartoni giapponesi non hanno gli occhi a mandorla? Perché i protagonisti dei cartoni giapponesi hanno gli occhi tondi?
Certamente, lo stile artistico distintivo dei manga e degli anime, caratterizzato da occhi più grandi e capelli dai colori vivaci, ha portato alcuni a suggerire che i personaggi assomiglino più all’estetica occidentale che a quella asiatica.
Tuttavia, una teoria unica nel suo genere ipotizza un’influenza del tutto diversa: i volti kawaii (carini) e adorabili, sarebbero invece ispirati dai gatti. In altre parole, i protagonisti dei cartoni giapponesi non sarebbero somiglianti agli occidentali, bensì ai gatti.
Prima di entrare nel cuore della questione, dopo la ricerca svolta consultando materiale giapponese, articoli e video, desideriamo fare una premessa. Non tutti i personaggi di anime sono disegnati con le proporzioni dei gatti. Tuttavia, in certi generi di anime, come fantasia o fantascienza, le caratteristiche relative ai felini sono più comuni.
Attenzione! Il testo che segue è frutto di lavoro, studio, ricerca e impegno personali. Non è consentito copiare o impiegare (neanche parzialmente) le informazioni seguenti, le immagini e le considerazioni contenute per altri articoli o testi, senza autorizzazione da parte delle autrici e, conseguentemente, menzione bibliografica.
Il valore del gatto in Giappone
L’affinità dei giapponesi per i gatti è profondamente radicata nella loro cultura. Il Maneki Neko è un portafortuna comune; l’isola di Aoshima, nota come “Isola dei gatti”, è popolata ampiamente da felini; e il fascino del Paese per Hello Kitty, un fenomeno globale, testimoniano l’importanza dei gatti nella società giapponese.
Ma c’è una ragione più profonda per la prevalenza di personaggi simili a gatti negli anime, specialmente quelli giapponesi. Come abbiamo anticipato, nella tradizione popolare nipponica, i gatti sono spesso associati a buona fortuna, protezione ed energia spirituale.
Come abbiamo detto, il Maneki Neko è un comune simbolo di buona fortuna in Giappone ed è possibile che i personaggi felini negli anime siano pensati per evocare queste associazioni positive.
Infine, c’è una leggenda giapponese popolare su un gatto che avrebbe salvato un tempio.



Maneki Neko
Mochi: la storia della gatta che salvò il tempio
C’era una volta, in un piccolo villaggio immerso tra le montagne lussureggianti, un antico spazio conosciuto come il Tempio della Serenità. Questo luogo sacro, aveva resistito alla prova del tempo, emanando un’aura di tranquillità che attirava pellegrini da ogni dove. Tra le sue mura, una comunità di monaci dedicava la propria vita alla preghiera e alla meditazione.
In questo ambiente sereno viveva una gatta rossa di nome Mochi. Possedeva un’aria di saggezza e grazia che la rendeva amata sia dai monaci che dagli abitanti del villaggio. Le sue giornate trascorrevano vagando per il terreno del tempio, osservando i rituali dei monaci e crogiolandosi nel calore della loro compagnia.
Una vigilia d’estate, mentre la luna piena proiettava il suo bagliore etereo sul tempio, una calamità si abbatté sul sacro santuario. All’insaputa dei monaci, un gruppo di banditi aveva ordito un piano nefasto per derubare il tempio delle sue preziose reliquie e dei suoi tesori. Sotto la cappa delle tenebre, si diressero furtivamente verso il santuario, spinti dalla loro avidità e dal disprezzo per la sacralità del luogo.
Il destino volle che Mochi, con i suoi sensi acuti, individuasse il pericolo imminente. Poteva percepire l’energia maligna che aleggiava nell’aria. Piena di determinazione e di un profondo senso di responsabilità, Mochi entrò in azione. Sfrecciò nel cortile illuminato dalla luna, le sue agili zampe emettevano solo un leggero rumore, mentre si precipitava ad avvisare i monaci.
Il Tempio della Serenità è rimasto illeso e le sue sacre reliquie sono state preservate grazie al coraggio e all’intuizione della gatta Mochi. Gli abitanti del villaggio e i monaci l’hanno celebrata come un’eroina e l’hanno ricoperta di affetto e gratitudine. Mochi, sempre umile, faceva le fusa soddisfatta, sapendo di aver compiuto il suo dovere di proteggere il tempio ed i suoi abitanti.



Mochi
Lo spirito guardiano del tempio
Da quel giorno Mochi fu venerata come spirito guardiano del tempio. Continuò ad arricchire il santuario con la sua presenza, sempre amata dai monaci e dagli abitanti del villaggio.
La storia del gatto che salvò il tempio divenne leggendaria, ricordando a tutti coloro che l’ascoltavano il potere del coraggio, dell’intuizione e dello straordinario legame tra uomini e gatti.
Questa storia è stata tramandata per generazioni e ha contribuito al profondo amore che la società giapponese riserva ai gatti.



Esempio delle proporzioni di un viso in stile anime e il musetto di un gatto
È possibile che questo amore per i gatti abbia plasmato in modo sottile l’aspetto dei personaggi degli anime?
Consideriamo le caratteristiche comuni dei personaggi degli anime: occhi grandi ed espressivi, nasi piccoli e bocche minuscole, il tutto su un viso arrotondato. Sembrano straordinariamente simili alle proporzioni facciali di un gatto. I gatti, come i personaggi degli anime, hanno grandi occhi rispetto alle dimensioni del viso, che consentono loro di manifestare una gamma di emozioni. Anche nasini e bocche piccole, inseriti in un viso arrotondato, sono simili alle proporzioni generali del musetto di un gatto.
Uno sguardo più attento alla cultura “kawaii” rivela la sua enfasi su attributi come l’adorabilità, la dolcezza e l’innocenza, caratteristiche associate anche ai gatti. Incarnando questi elementi, i personaggi degli anime catturano il pubblico e favoriscono un senso di attaccamento emotivo.
Per esempio, lo stile artistico chibi, in cui i personaggi sono disegnati in modo esageratamente carino e piccolo, spesso imita le proporzioni di un cucciolo di animale, in particolare di un gattino.
Potrebbe essere una strategia subliminale per suscitare sentimenti di affetto e protezione, come quelli suscitati dai nostri compagni felini?
Inoltre, un tropo prevalente negli anime è quello della ragazza “neko” (gatto), in cui un personaggio femminile mostra caratteristiche simili a quelle di un felino, come orecchie, code o comportamenti.



Marzia con cameriera del Maid Café
Basta poi pensare ai Maid Café ed al comportamento/attitudine delle ragazze che ci lavorano, per capire quanto questi aspetti siano insiti nella cultura giapponese. Questo consolida ulteriormente l’associazione tra i personaggi degli anime e i gatti. Sebbene si tratti di una rappresentazione felina più esplicita, essa illustra comunque il fascino dell’inclusione di elementi felini nei tratti dei personaggi.



Somiglianza fra design anime e gatto
Il ruolo dei gatti nella narrazione di anime e manga
Vale anche la pena di considerare il ruolo dei gatti nelle narrazioni degli anime. Spesso fungono da mascotte, alleati o entità soprannaturali che soccorrono i protagonisti. Personaggi come Luna di “Sailor Moon” o Jiji di “Kiki – Consegne a Domicilio” non solo contribuiscono alla trama, ma aggiungono anche fascino alla serie con le loro personalità distintive e le loro apparizioni adorabili.



Luna di Sailor Moon
Questi amati personaggi felini possono influenzare sottilmente l’estetica generale degli anime, rafforzando l’aspetto “gattesco” dei personaggi umani.
Sebbene possa essere troppo semplicistico attribuire il design dei personaggi degli anime unicamente all’influenza dei gatti, si tratta di una teoria intrigante che ci incoraggia a esaminare la forma d’arte da una nuova prospettiva. Ci aiuta ad apprezzare le diverse influenze e gli elementi culturali che possono aver contribuito al linguaggio visivo unico degli anime.
Gli artefatti culturali sono spesso una complessa amalgama di varie influenze, sia consce che inconsce.
Nel caso degli anime giapponesi, l’adorabile e amato felino potrebbe essere una parte fondamentale del suo DNA artistico e d’ispirazione.
È un’idea avvincente che merita di essere esplorata e fornisce un’affascinante visione dell’intersezione tra cultura, arte e tendenza umana ad antropomorfizzare gli animali che amiamo.



Profilo di un viso anime e quello di un gatto
Perché i cartoni giapponesi non hanno gli occhi a mandorla? La tendenza Moe di anime e manga
È importante notare che esiste una tendenza negli anime e nei manga chiamata “Moe”. Si tratta di un termine giapponese usato per descrivere l’ideale di femminilità giovane e innocente. Scritto con il kanji per “germogliare o spuntare” (萌), il concetto copre una serie di comportamenti ideali per i personaggi femminili rappresentati con occhi grandi, nasi piccoli, orecchie appuntite, denti affilati e altre caratteristiche esagerate che non somigliano necessariamente ai giapponesi nella vita reale. Nella serie sul gambling, Kakegurui, la protagonista Yumeko Jabani, spesso assume atteggiamenti e aspetto da “gatta”, in diversi episodi dell’anime.



Yumeko Jabani di Kakegurui che imita il comportamento di un gatto.
Pensieri finali
I gatti sono una parte fondamentale della cultura giapponese e sono stati addomesticati per secoli nel Paese del Sol Levante, spesso visti come un simbolo di buona sorte e fortuna. Questi sono anche noti per la loro grazia, agilità e indipendenza. Chi non vorrebbe essere come un gatto? Dando a un personaggio tratti felini, i creatori di anime possono sottolineare queste caratteristiche e far risaltare i loro protagonisti. Molti personaggi di anime hanno occhi grandi e rotondi che possono trasmettere una vasta gamma di emozioni, quasi come guardare attraverso le loro anime. Conferendo occhi da gatto, i creatori possono trasmettere un senso di giocosità, curiosità e persino malizia. Insomma, la vera ragione per cui i personaggi di anime sembrano gatti è perché i felini sono dannatamente kawaii. Ecco perché i personaggi dei manga non sono giapponesi o perché i cartoni giapponesi non hanno gli occhi a mandorla. Ma non è nemmeno giusto chiedersi perché i personaggi degli anime sono occidentali. Meglio domandarsi, perché i protagonisti degli anime non hanno occhi a mandorla e la risposta l’abbiamo fornita.
I creatori di anime cercano di mantenere alto il livello di tenerezza e rendendo un personaggio simile a un gatto, diventa istantaneamente più affascinante per il pubblico.
E chi non vorrebbe accoccolarsi con un protagonista di anime con orecchie da gatto?
Quindi, per concludere sul perché i personaggi degli anime sembrano gatti, speriamo di aver soddisfatto ogni curiosità. È una domanda che ci facciamo da molto tempo e speriamo di aver fatto un po’ di luce sull’argomento. Che si tratti di offrire ai personaggi agilità, renderli più amabili o solo per pura fantasia, non possiamo negare che le caratteristiche dei felini negli anime aggiungano un aspetto divertente ed unico al tutto!
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