Storia dei nomi e dei cognomi del Giappone: una premessa
In Giappone, la storia dei nomi è strettamente connessa a quella dei cognomi.
Fu Tokugawa Hidetada nel 1637 ad estendere il diritto di avere una genealogia, nonché di custodire un butsudan – un piccolo altare di casa dove vivono gli antenati.
In effetti, prima di quel periodo, soltanto i nobili – aventi sangue imperiale – erano portatori sia di nomi che di cognomi.
Da sottolineare che in quei tempi, nemmeno lo stesso imperatore aveva un cognome.
Avere un cognome indicava l’appartenenza della persona ad un ramo cadetto della famiglia imperiale.
I cadetti non erano solo portatori di un cognome, ma potevano averne anche più di uno.
Così lo stesso soggetto, poteva avere un nome quando era bambino, ma averne altri da adulto e in diverse circostanze.
Facendo un esempio, Minamoto no Yoshisada divenne conosciuto come Nitta Yoshisada.
In effetti, era capo clan dei Nitta, una parte dei Minamoto, ma spesso era più conosciuto con il titolo Gosho (御所) per motivazioni legate alla scaramanzia (non usare il proprio nome, era un modo per sfuggire alle negatività).
Ecco perché in Giappone, già dai tempi antichi, c’è l’usanza di comprare ai defunti un nome diverso post-mortem: servirebbe a evitare che il proprio caro, sia attaccato da energie malevole.
Storia dei nomi e dei cognomi del Giappone: la guerra fra Stati in Giappone
Nel periodo della guerra fra Stati – un lungo periodo di lotte interne al Giappone, dal 1467 al 1615 – i nomi si adottavano e si lasciavano facilmente.
Per esempio, Toyotomi Hideyoshi nacque come Hiyoshi-maru ed essendo un contadino, era sprovvisto di cognome.
Nel corso della sua vita, sceglierà il nome con cui è passato alla storia: Kinoshita Tokichirō.
In questo periodo, in Giappone, le classi più povere avevano nomi, ma non cognomi.
Kinoshita Tokichirō – Fonte: Wikipedia
Storia dei nomi e dei cognomi del Giappone: la riforma Tokugawa
I Tokugawa fecero una riforma di famiglia, che dava il diritto di cognome e un nome ufficiale solo al capofamiglia.
In quegli anni, in Giappone le donne non avevano un’esistenza legale.
Inoltre, gli uomini dopo il figlio primogenito non avevano diritto ad un cognome, né ad una famiglia.
Doveva essere il primogenito a consentire agli altri fratelli il permesso di sposarsi e avere figli.
Questo tipo di leggi, severe quando non disumane, servivano per motivi prettamente economici.
La questione della struttura familiare in Giappone, dipendeva da una sanguinosa e lunghissima guerra civile attraversata dal paese.
In precedenza, il fatto che tutti i figli maschi potessero ereditare, assieme all’ereditarietà dei feudatari (Gokenin), aveva frammentato tutto il terreno coltivabile, da creare una crisi alimentare, sfociata in più di tre secoli di guerra continua.
Così, la nuova struttura della famiglia giapponese – assieme ad altre normative – poteva garantire maggiormente pace e prosperità nel paese.
Storia dei nomi e dei cognomi del Giappone: la restaurazione Meiji
Finalmente, nel 1868, ha inizio la restaurazione Meiji: fu allora che a tutti sarà assegnato di diritto un nome e un cognome.
Infatti, nell’era Meiji (1868-1912), la diffusione dell’utilizzo di cognomi, divenne popolare, sebbene non universale.
La società giapponese in questo periodo, è divisa in categorie che somigliano alle caste e non tutti vantano gli stessi diritti e privilegi.
Ad un certo punto, tutti adottarono un cognome, spesso inventandoselo.
Così proliferarono i cognomi più semplici, come Tanaka e Takahashi: tuttavia, in Giappone ci sono circa 100mila cognomi.
Tuttavia, considerate che circa il 37% dei giapponesi condivide solo 150 cognomi.
Alcuni sono tipici di una zona, altri rari, alcuni davvero peculiari come quelli di zone più remote come Okinawa e Hokkaido.
Storia dei nomi e dei cognomi del Giappone: la costruzione dei cognomi giapponesi
I cognomi giapponesi attuali, possono essere scritto con un singolo carattere, (per esempio Hara, 原).
Tuttavia, solitamente i cognomi del Giappone, sono fatti da due ideogrammi: (per esempio, Takahashi 高橋).
Il peculiare cognome diffuso ad Okinawa, Kōhiruimaki (高比類巻) è scritto con ben quattro ideogrammi.
Ikema Ohashi – Okinawa
Storia dei nomi e dei cognomi del Giappone: il significato dei cognomi più popolari giapponesi
Come intuibile, la maggior parte di questi cognomi erano descrittivi.
Il sopracitato Tanaka significa “nel campo”, mentre Takahashi si traduce in “Pontealto“.
Ecco una traduzione dei cognomi giapponesi più popolari di sempre:
Kawasaki (川崎) significa “promontorio sul fiume”; Honda (本田), “campo di origine”; Mitsui (三井), “tre pozzi”. Mitsubishi (三菱), significa “tre diamanti”; Suzuki (鈴木), “albero delle campanelle”; Toyota (豊田) “ricco campo”; Makita (/牧田), “pastorizia e agricoltura”.
Storia dei nomi e dei cognomi del Giappone: i nomi giapponesi
Nomi maschili in Giappone
Infine parliamo dei nomi: i nomi maschili solitamente sono composti da due caratteri, che possono essere invertiti.
Quindi, Akihiro, Hidetaka, Yoshinobu e Kazuyoshi possono variare in Hiroaki, Takahide, Nobuyoshi e Yoshikazu, cambiando l’ordine dei caratteri.
Le grafie in cui si possono scrivere sono così tante, che se si ha a disposizione solo il nome in romaji (caratteri latini), diventa impossibile risalire con certezza al nome originario.
Nomi femminili in Giappone
Per quanto riguarda i nomi femminili, la questione è un po’ più complessa.
I suffissi popolari dei nomi femminili sono -ko (Es. Akiko); -ka (Es. Norika, Tomoka, Momoka); -yo; -ho (Es. Miho o Kaho) e -na (Es. Riona, Kana).
Esistono anche nomi femminili di origine europea che venivano trascritti facilmente in caratteri cinesi come Maria o Naomi.
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